domenica 14 giugno 2009

Robert Musil- "Sulla stupidità"

"In stridente contrasto con la stupidità autentica sta quella pretenziosa. Non è tanto
mancanza di intelligenza, quanto il suo venir meno, quando si impegna in prestazioni
che non sono alla sua portata.
Può avere tutte le peggiori qualità dell’intelletto debole,
con in più quelle derivanti da un’indole non equilibrata, immatura e incostante, in breve
malsana. Poiché non esiste l’indole “normale”, nella deviazione dalla sanità si esprime,
a dire il vero, l’insufficiente cooperazione tra unilateralità del sentimento, da una parte,
e incapacità dell’intelletto a dominarla, dall’altra. Questa superiore stupidità è la vera
malattia della formazione culturale (Bildung). Descriverla è quasi un compito
infinito.Tocca i vertici dello spirito. La stupidità autentica è un’artista silenziosa,
mentre quella intelligente mobilita la vita dello spirito, ma producendo soprattutto
instabilità e sterilità. Anni addietro ne scrissi in questi termini: “Non c’è un solo pensiero importante che la stupidità non sprechi applicandolo. La stupidità si muove
dappertutto e può vestire tutti i vestiti della verità. Per contro, la verità ha una sola veste
e una sola via ed è sempre in svantaggio”. La stupidità di cui sto parlando non è una
malattia mentale ma una malattia dello spirito, la più pericolosa per la stessa vita.
Ciascuno di noi dovrebbe certamente stanarla in se stesso, senza aspettare di
riconoscerla dalle grandi esplosioni storiche. Ma come riconoscerla? Quale marchio a
fuoco imprimerle che renda impossibile non riconoscerla? Per i casi che la concernono
la psichiatria oggi si avvale come principali contrassegni dell’incapacità a orientarsi
nella vita, del fallimento in tutti i compiti vitali o del fallimento improvviso là dove
nessuno se lo aspettava. La psicologia sperimentale, che ha a che fare prevalentemente
con sani, dà una definizione analoga. “Chiamiamo stupido il comportamento che non
riesce a portare a termine una prestazione, per cui esistono tutte le condizioni, tranne
quelle personali”
– scrive un noto esponente di una delle più recenti scuole di questa
disciplina. Di solito chi adotta un
comportamento giudica stupido chi adotta l’altro.
[...] Occasionalmente siamo tutti stupidi. Occasionalmente dobbiamo tutti agire alla
cieca, almeno in parte, altrimenti il mondo si fermerebbe. Se, dati i pericoli della
stupidità, qualcuno volesse dedurre la regola: “Astieniti dal giudicare e dal decidere su
ciò che non comprendi abbastanza”, ci bloccheremmo. Ma questa situazione, che oggi
suscita tanto scalpore, è simile a quella cui siamo da tempo avvezzi nella sfera
intellettuale. Infatti, il nostro sapere e il nostro potere sono incompleti. In ogni scienza
siamo costretti a formulare giudizi fondamentalmente avventati e precipitosi. Ma con
sforzo abbiamo imparato a mantenere gli errori entro limiti noti e occasionalmente a
migliorare le stime, sino al punto da correggere le nostre azioni. Nulla vieta di trasferire
questo modo esatto e orgogliosamente umile di giudicare e di fare ad altri campi. Credo
nel principio: “Fai bene quanto puoi e male quanto devi”, sempre consapevole del
margine d’errore del tuo fare. Saremmo già a metà strada verso una forma di vita piena
di speranze."

1 commento:

  1. “Burnt Norton from Four Quartets”
    poesia [ ]

    - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
    di T.S. Eliot [T.S._Eliot]

    2008-02-05 | [Questo testo si dovrebbe leggere in english] | Submited by Marius Surleac


    “Burnt Norton from Four Quartets”
    By T.S. Eliot

    ”Time present and time past
    Are both perhaps present in time future,
    And time future contained in time past.
    If all time is eternally present
    All time is unredeemable.
    What might have been is an abstraction
    Remaining a perpetual possibility
    Only in a world of speculation.
    What might have been and what has been
    Point to one end, which is always present.
    Footfalls echo in the memory
    Down the passage which we did not take
    Towards the door we never opened
    Into the rose-garden. My words echo
    Thus, in your mind.
    But to what purpose
    Disturbing the dust on a bowl of rose-leaves
    I do not know.
    Other echoes
    Inhabit the garden. Shall we follow?
    Quick, said the bird, find them, find them,
    Round the corner. Through the first gate,
    Into our first world, shall we follow
    The deception of the thrush? Into our first world,
    There they were, dignified, invisible,
    Moving without pressure, over the dead leaves,
    In the autumn heat, through the vibrant air,
    And the bird called, in response to
    The unheard music hidden in the shrubbery,
    And the unseen eyebeam crossed, for the roses
    Had the look of flowers that are looked at.
    There they were as our guests, accepted and accepting.
    So we moved, and they, in a formal pattern,
    Along the empty alley, into the box circle,
    To look down into the drained pool.
    Dry the pool, dry concrete, brown edged,
    And the pool was filled with water out of sunlight,
    And the lotos rose, quietly, quietly,
    The surface glittered out of heart of light,
    And they were behind us, reflected in the pool.
    Then a cloud passed, and the pool was empty.
    Go, said the bird, for the leaves were full of children,
    Hidden excitedly, containing laughter.
    Go, go, go, said the bird: human kind
    Cannot bear very much reality.
    Time past and time future
    What might have been and what has been
    Point to one end, which is always present.”

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