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martedì 30 giugno 2009

[editor] PER QUALCHE VIRGOLA IN PIU'

Tra chi scrive e i suoi editor c'è il momento atteso della verità sensibile, ci sono il dispiegamento del testo che sta per pubblicarsi, le letture decisive prima di quella pubblica che nel web è mutante ma sulla carta tra poco si fisserà per sempre.
In questo Cristiano Testa in formato 30X30,preso tra Lara, Lorenza e il senior-editor, il corto circuito è breve perchè in esso è già sperimentato il disagio dello scrittore moderno: e si dichiara - il sogno di Vito Riviello di una scrittura non necessariamente in crisi cade come "davanti al primo venuto" che è l'"amato" di Amelia (Rosselli)(aut. cit. da videor.it).
Una scrittura continuamente metaforica e citazionista mi sfibra! oddio, certo, ma per una scrittura incidentata com'è quella di Testa, il suo sarcasmo che Lorenza dice solo di emendare dell'espressione "volgare"(*) che risucchierebbe altrimenti tutto il testo, condivisa e accolta anche dall'entusiasmo decisivo di Lara che ne coglie al volo lo "sharing" evidente, eccita!
- e noi siamo "contenti che ecciti a ira maggiore"

(cit. Savonarola vs Pagliarani, ibidem videor.it).

Alla comunicazione di flusso generalizzata - Marcuse direbbe ad una dimensione - di radio tv e giornali, non conta se indifferentemente generalisti o di nicchia,succede la redazione di flusso con il terminale interno che integra su di sè la rete dei punti sensibili. E la scrittura diretta trionfa.
L'ira funesta del Pelide Testa è contenuta, non bellettritrica e castrata! ed il lettore è graziato: grazia del Testo-Testa, sarcasmi domati, arie fuoriuscite dai talk di redazione, concerto del "life sharing mode".


(*)(Nota dell'autore) L'espressione "Molti di voi sicuramente avranno un padre o – peggio! - una madre che caca la minchia per l'utilizzo esagerato del computer e di internet" è stata sostituita da: "Molti di voi sicuramente avranno un padre o – peggio! - una madre che stressa per l'utilizzo esagerato del computer e di internet"

domenica 28 giugno 2009

[BarCampus] Chiedete a Gianluca

Della follia
Le considerazioni svolte da Goffman, per esempio, mettono in luce come i rapporti umani siano influenzati dai ruoli, e come ne subiscano un effetto quasi 'demiurgico' da parte della collettività. Goffman evidenzia come ogni soggetto subisca l'influenza della società, dei cambiamenti e delle conseguenti risposte comportamentali che gli individui singolarmente elaborano. Uno "status" è una posizione, una 'nicchia' sociale non è qualcosa di materiale da possedere e mettere in mostra, ma piuttosto un modello di comportamento appropriato, coerente, abbellito e ben articolato. Il ruolo è rappresentato con disinvoltura o con impaccio, consapevolmente o no, con astuzia o sincerità, è non di meno qualcosa che deve essere inscenato e illustrato, che deve essere realizzato. Sartre ce ne dà una buona illustrazione (12)".

venerdì 26 giugno 2009

Il poeta di successo La Ragazza Ladra


IL POETA DI SUCCESSO
(1983)
Gli chiedevano
sempre, tra gli applausi,
l'abisso.

Dare la mano

domenica 21 giugno 2009

0.1 Primi testi. Sei topiche, tiè!

0.1 Primi testi. Sei topiche Alcuni strumenti concettuali, sei topiche che non vanno prese ad esempio, ma colte in relazione alla testualità che sono in grado di contenere e dispiegare tra di loro nei contesti multimediali del web. Con essi l'elaborazione della pratica dell'editing in "un discorso che ci preceda e ci segua"1 senza schiacciarci sul reale muove dalla scrittura e crea lo strumento che proietta poi nella produzione dell'artefatto. Dalle prassi comunicative della performace può scaturire lo sforzo etico di generalizzare l'esperienza vaga del mondo perverso "reso furioso dalla percezione" che scaturisce dalla lettura dei media. "In che modo è possibile oggi concepire il divenire furioso della specie umana? L'immiserimento dell'immaginario rende l'esistenza una cosa pazza, umiliata, offesa nella sua parte più istintuale e creativa. (..) Divenire una "cosa pazza" significa subire una privazione di mondo che l'effetto della catalogazione tende a celare: lo smarrimento di una capacità di progettare ed immaginare proprio all'interno della trasformazione."2, Tiziana Villani dall'intuizione di Giordano Bruno accetta di compromettersi nei media con le tensioni contraddittorie del sentire umano per tentare sempre di dire proprio le cose come stanno anche occupati in cose che non ci riguardano minimamente.

Ecco il primo da un film di giornalismo investigativo, detective storyboarding 3 , in cui un "gola profonda" fornisce la bussola che conduce alla scoperta della verità. In esso ci colpisce una apparente contraddizione, che il personaggio chiave si rifiuti di rispondere netto alle pressanti richieste dei due detectives che c'impersonano nella fabula; dice che non può far altro che indicare la direzione, dice "Segua il denaro", per esempio, null'altro in quel dato momento: eppure egli sa e non finge di non sapere oltre quel che dice loro, professa una reticenza misteriosa, gravida di altri possibili esiti. C'è una maieutica nel "gola profonda", e noi si pensa ad un oscuro proposito, magari di un tono paterno; ma è da cogliere invece il dato oggettivo del suo atteggiamento, per cui solo chi persevera nella ricerca resta dentro al processo di conoscenza e saprà nell'happy end quanto uno stoico sa da sempre: che il piacere ed il godimento non tendono a coincidere sempre, ma solo nel successo e insieme nel sentimento comune del tempo.


Il "gola profonda", quindi, c'insegna a non fare per gli altri le scelte dirimenti, primo principio dell'editor per la gestione in rete della community di riferimento di un progetto.

La topica riguarda il modo della risoluzione di problemi che si pongono al system administrator e al web content manager, se sono in gioco sistemi dinamici che hanno al centro ogni frequentatore del luogo. I protagonisti del sito come nel film sono sempre alla ricerca di una verità che risolva loro una volta in più problemi informativi, ma non tocca al gestore fornirglieli in via diretta: al master of cerimony tocca piuttosto tenerli nella giusta tensione che l'interattività richiede.

Il rigore etico è dettato dalle necessità di funzionamento, e viceversa la community funziona se il regista di riferimento è rigoroso.

Altro ancora s 'intende dal secondo episodio che fa testo in questo itinerario negli strumenti dell'editing, figure mitiche del vissuto a cui attingere per rifornirsi di senso, parole e immagini della progettazione creativa dell'esistenza da ridurre alla ragione produttiva. Il giocatore di carte monco 4, al paese, d'estate, in piazza, durante i giochi di carte, rivela il secondo principio che conduce il viandante: chi non può tenere le carte a sé pur mostrandole inevitabilmente, non dice per questo ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma solo in quanto egli stesso non sa quel che nasconde, visto che si tratta di un criterio segreto proprio inesistente. Perché. Sappiamo che al bar di questa Macondo, tutti a turno, attendono a grandi sfide nei giochi tradizionali, in questo caso il tressette. Si gioca con dieci carte per ogni giocatore, quaranta in tutto, che vengono distribuite all'inizio di ogni game, al principiare della mano, dal mazziere o come diavolo si chiama, così i giocatori le guardano, le aggiustano e si va a incominciare. Il primo a destra prende il bandolo del gioco stesso, a secondo delle carte che la sorte gli assegna; deve sapere dai giochi successivi degli altri come condurre le danze ed essere pronto a che l'iniziativa gli sia tolta a momenti, se occorre all'equilibrio del suo gioco. Ma, e qui sta il punto che dobbiamo contemplare, il gioco si tiene per così dire a carte coperte, il gioco crollerebbe di fronte al primo venuto che conoscesse le disponibilità anche solo di un altro che siede al tavolo da gioco; certo, il partner fa di tutto, può anche parlare in qualche modo dichiarato, per indicargli la strada, ma in sostanza l'enigma è sempre riproposto, di volta in volta dalla segretezza del gioco. Determinante è la consuetudine, con il tavolo visto dagli spettatori di oggi che saranno protagonisti domani, o magari subito dopo. Il giocatore che non può leggere le dieci carte con la mano mancante, la sinistra; per giocarle con l'altra, è costretto a farne mucchietti da scrutare alternativamente e con gesti rapidi della destra: ebbene, se ci fosse un criterio suo di ripartizione, chi lo segue da dietro potrebbe riconoscerne i criteri e usarli poi a sua volta e, quindi, in pratica, scoprirgli le carte! Insomma il nostro giocatore ha da avere sott'occhi in ogni momento, nell'evolversi del gioco, le sue stesse carte che sono sul tavolo coperte, in mucchietti; non può seguire un criterio evidente perché gli altri saprebbero subito, per esempio, della sua persistenza in un seme - uno dei quattro tipi del mazzo che segnano i distinti settori del gioco - senza contare gli esterni che alle sue spalle possono memorizzare le sue sbirciate furtive e veloci, ma mai abbastanza coperte per chi gli è alle spalle. Il giocatore monco impara a nascondere ciò che mostra e agli occhi della gente diviene incomprensibile per essere onesto: ed ecco ancora lo stoico che sottopone il suo comportamento ad una infinita interpretazione e ci guida per il suo dir niente.
Il giocatore non ha alcun criterio, questo è il vero al Macondo di Novalba! Improvvisa degli enjabement di memoria rapidi e precari che nulla dicano ad altri, tutti quelli presenti che seguono il farsi e disfarsi dei suoi tre quattro piccoli mucchi, sul tavolo, davanti a sé, da cui attinge per il gioco. L'attenzione al contesto premia rispetto alle regole proprie del gioco, vere per convenzione quindi banali e insipide. Il gioco non è garantito una volta per tutte e la strada chiama ad una vigilanza sopra le righe.

E' un vero rebus, le cui tessere faticano a ricomporsi nella realtà del bar del mio paese, figurarsi nel racconto che andiamo facendo.

Il secondo principio nelle strategie di editing e gestione del web, e delle reti interattive in genere, consiglia per questo di non contare troppo sull'uso predittivo del software e degli algoritmi come una frettolosa valutazione dei criteri informatici lascerebbe intendere agli incauti.

Ci sarà nel gioco, che s'instaura di default nei sistemi partecipati, sempre un handicap dell'ultimo utente attivo che confonde il gioco di tutti inevitabilmente; per questo ed altro è inutile pensarle tutte e una volta per sempre, tentando di determinarne gli sviluppi meccanicamente: nei sistemi di community c'è dentro gente e quindi caos, tenerlo a mente! Quindi, occhio alle dinamiche reali, alle prassi, e lasciar fare sempre, accettare il presente.

In questa piccola filosofia portatile del web evolventesi nella convergenza digitale, un terzo punto viene in linea diretta dalla televisione - in preda alle convulsioni terminali degli zapping - malattia mortale della televisione generalista e generale, nella ricerca incessante del punto di vista condiviso per la gente, sì proprio quella. Tre attori di media-television, tali Carlo Taranto, Marco Santin e Giorgio Gherarducci, ci conducono per l'ascolto guidato e la visione di svariati racconti, seduti accanto a noi, invisibili e ugualmente presenti. Potrebbe sembrare, l'assenza, questa loro dallo schermo, un carattere distintivo del mezzo, ma si è in televisione e si sa che in televisione si deve condurre dal centro; invece l'assenza è solo evocata per raggiungerci, noi gli esclusi, e farci presenti nel luogo e nel tempo dell'evento. Per mettere noi al centro. Questi bei tipi arrivano con apparati retorici di gran marca a raccontare di tutto, e anche di niente, seguendo la spinta di ognuno a condividere il racconto, ma sfuggendo puntualmente al momento dell'esecuzione finale, per fucilazione o lama fendente: sottrarsi e scartare, l'altrove della mente, la fuga dal già noto con l'agio del comico linguistico incombente, non farsi individuare, sempre, non spiegarsi mai come l'innamorato che corre nella seduzione sempre innanzi. Capitomboli del senso, provocati dalla voce che doppia la realtà dello schermo, implacabilmente, emulando la deriva demenziale dello spettatore nevrotico della televisione dominante.

E' un terzo punto che ricorda di tenere a mente, in rete, gli antefatti della visione a distanza, la lunga televisione viscerale, mostro incombente sui media interattivi per la sua fascinosa promessa dell'esserci, qui e ora, nel presente assoluto dell'attimo. La televisione in diretta che fingeva nel secolo scorso, sino ad ora, di poter far presente ed includere le risposte agli stimoli che infliggeva elettronicamente ad ognuno, alla credenza che induceva, del sogno possibile della scatola luminosa onnipresente.

Rimarrà su di essa, fissato sullo schermo con lo spillone come in bacheca del collezionista di coleotteri, l'omino che, inquadrato dalla telecamera, agitava la manina come tarantolato e si fissava incantato a specchiarsi nel monitor spia della troupe già pronta a sfuggirgli altrove.

Nella partita di calcio televisiva il processo di simulazione è implacabile - e siamo al quarto punto di evidenza – la trasmissione vira subito al game elettronico. Tutto è in mano alla regia di banco e sottratto sia al coach, che deve solo garantire la materia sempre nuova per la scansione del prodotto finale con avvicendamento implacabile di stinchi petti fianchi sempre nuovi, adatti alle riprese plurime. L'intenzione degli attori-atleti stessi concentrati nella performance robotica a libro paga è fungibile e plastica nel trionfo delle regole della pornogrammatica del cybergame, godimenti sadomaso assatanati, coazione a variare continuamente, differenze impossibili e ripetizioni inevitabili, fino al delirio nevrotico. Alle pratiche amatoriali è lasciata la ripresa naive delle giocate personali, ma non contarci troppo. Lo spettatore è già nel videogame e nella rete interattiva partirà lento, proprio da quel punto, aggirerà l'ostacolo della realtà che impone la condivisione in rete, poi forse si guarderà intorno. Questo è forse il punto decisivo, l'eredità devastante della tivvù elettrodomestico, il terminale sciocco che ti fa il servizio e non protesta, è un lascito che pesa come un macigno sulla personalità infantile dello spettatore moderno. Perì hypsous è che lo scarto imprevedibile è la fonte principe di ogni comunicazione, il meraviglioso è sempre stato necessità e desiderio d'estetica anche nello spettacolo del 900, ma la tv non conosce il rischio dell'avventura linguistica, ha passione solo per ciò che già conosce. La regola preziosa dello spiazzamento viene disattesa pesantemente dai mezzi di comunicazione di massa, se non al prezzo del catastrofismo, perchè la televisione crede che ciò che conta è ciò di cui possiamo parlare, non crede a Wittgenstein che crede appassionatamente che ciò che conta veramente è proprio quanto, da un dato punto di vista, si deve tacere.

La televisione è soltanto oscena, ma l'interattività può consegnarle un linguaggio e una scrittura reale tramite la sua nuova natura in rete.

Nel quinto comma invece c'è la radice del rinnovamento. Dov'e'? facciamo un discorso diretto. Dogma di von Trier5 serve per dare una linea alla produzione e, soprattutto, alla postproduzione dell' InviatoVideo: il messaggio e' non agitarsi, avvicinare fisicamente l'interlocutore, tener ferma la camera, inquadrandolo in primo piano e lasciare che parli nel microfono della piccola digicam, cercarndo di scomparire psicologicamente come videomaker; se proprio dovete, spostatevi, in modalita' pause/start, in una pausa del discorso, riprendete una posizione analoga, magari con luce favorevole sul soggetto, o soltanto accentuando l'angolo di ripresa ruotando l'asse del vostro cavalletto-umano di 5-6 gradi (traduz. spostate un piede piu' a destra o sinistra perche' non vi si anchilosi una gamba, insomma). Siete il cameraman, l'uomo-camera, in quel momento, ma pensate ad un montaggio in camera essenziale, privo di soluzioni di continuita', concentratevi sulla VoceGuida: non si deve confezionare alcunchè, "il cinema è la morte al lavoro", lo dice Francois Truffaut, la televisione è il debordamento spericolato sull'umano. In breve, leggere Dogma di von Trier e coglierne il senso illuminante, per esempio.

Pensate che il contesto (del video e di tutto il resto) sara' un internet magazine di webtv dell'autoptoduzione e non una scema television dell'intrattenimento autolesionistico.

Successivamente, se si vuole, Brecht, Sade, Godard, chi più ne ha più ne metta, ma subito Google, YouTube e i luoghi della sua condivisione in rete.

Infine un sesto scenario, nell' università dell'agone degli studiosi, messo in scena in occasione della presentazione di un libro, gli appunti video di una telecamerina digitale. Non la documentazione scientifica, né le 12 telecamere della partita di football allo stadio, ma l'unico sguardo, straordinariamente chiaro, di un'inviata speciale, l'allieva di Ionesco appena uscita da un habeas corpus eccezionale che la libera dal rapporto sadiano con l'insegnante. Il trattamento del filmato è ispirato un po' a Von Trier ed un po' ad un magazine di poesia (videor) con i poeti edito in video. Lo storyboarding è sostanzialmente ricalcato sulle mappe concettuali impresse nella memoria della studentessa dai suoi impegni scolastici recenti, dato che i protagonisti sono i suoi docenti dell'università appena fuori dall'aula. Il "montaggio" del file, nella prima stesura, è frutto di una lettura degli appunti che rispetta in tempo reale la dinamica degli eventi; poi,inizia, con l'occhio al timecode, la sincronizzazione fortemente interattiva che la giovane autrice aprirà alla community dei suoi coequipiers casuali, anzi eventuali. Il filmato iniziale viene man mano straniato dalle tracce sempre più evidenti della pratica didattica dell'allieva che si emancipa dai suoi maestri cibandosene come il ciclope ebbro.

Il gioco dell'edizione digitale approda, dunque, alla stesura dell'ipertesto dinamico nella simulazione quotidiana dello spazio telematico aperto, un portale "dedicato" agli studi accademici di quelle discipline prese in esame, argomento dello story, in pieno reality board: lo stile pensoso dei progettisti e l'attitudine capziosa dei filosofi, la pratica causidica della giurisprudenza militante, e per contro la naiveté dei parlanti nella Wide city di Frank O. Ghery)

L'editor procede con altri alla scoperta, non inventa nulla, "tutto esiste già bisogna solo ritrovarlo: è una nozione piu "estrattiva" che" creativa". Il che è corroborato dalla designazione di un "luogo" (la Topica), da cui si possono estrarre gli argomenti e da cui essi vanno ripresi: l'inventio è un percorso (via argumentorum). " 6. La platea dei frequentatori è parte dell'editor collettivo e determina attivamente il prodotto, condivide le strategie del learning e le orienta. E' l'università degli studenti in cui la ricerca li vede protagonisti, riprende il centro della scena che le spetta nelle fabbriche della conoscenza in rete.

Bisognerà che si prenda atto che la produzione del sapere e la sua sistemazione è ovunque e l''istituzione accademica che l'ha ispirata nella forma alta rientra in gioco nella sua forma pervasiva.

1="" > Michel Foucault, L'ordine del discorso. Einaudi, 1968
2 Tiziana Villani, Immaginare ambiente, MillePiani, undo.net / undo / magazInes / millepiani
3 Alan Pakula, All the president 's men, film
4 Da ragazzo ha perso una mano tagliata di netto da una bomba.
17 Tiziana Villani, Immaginare ambiente, MillePiani, undo.net / undo / magazInes / millepiani
5 Dogma di von Trier
6 Roland Barthes, La retorica antica,Tasc. Bompiani, p. 59

il Manuale dell'Editor

http://blogs.myspace.com/index.cfm?fuseaction=blog.ListAll&friendID=203823250

inventare nuove funzioni

È sbagliato considerare la progettazione di software come un'attività eminentemente tecnica alla quale si andrebbe in seguito a sovrapporre l'attività del designer di interfaccia. Le pontenzialità innovative di un qualsiasi nuovo programma da calcolatore sono tali e tante che il problema di come mettere l'utente in relazione con esse finisce per essere assai più rilevante del come implementarle. In altre parole: è più facile inventare nuove funzioni che permettere all'utente di acquisire familiarità con esse [....] costruzione di interfaccia, è in un primo momento la sua natura di protesi che viene messa in evidenza: il linguaggio che l'interfaccia implementa è lo strumento che organizza quella parte di mondo che il programma rappresenta. In questo senso il linguaggio è tanto più riuscito quanto più è "utilizzabile", quanto più è "trasparente" all'utente come linguaggio e rinvia direttamente alle funzioni del programma. Ma in seconda istanza il linguaggio dell'interfaccia è davvero un sistema.. http://loosetv.ning.com/photo/photo/slideshow

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