Il "Serial Killer"
L'espressione "serial killer" venne usata a partire dagli anni settanta del Novecento, decennio in cui giunsero sotto i riflettori della cronaca, negli Stati Uniti, i primi casi eclatanti: Ted Bundy e David Berkowitz. Il termine aveva principalmente lo scopo di distinguere il comportamento di chi uccide ripetutamente nel tempo con pause di raffreddamento, dagli omicidi plurimi che si rendono colpevoli di stragi. Tecnicamente si considera "serial killer" chi compie tre o più omicidi distribuiti in un arco relativamente lungo di tempo, intervallati da periodi di "raffreddamento" durante i quali il serial killer conduce una vita sostanzialmente normale.Gli assassini seriali sono per il 90% di sesso maschile.Le assassine seriali uccidono prevalentemente per ragioni personali o per vendetta, e preferiscono avvelenare o strangolare le loro vittime, mentre per i killer maschi l'omicidio comprende un grande coinvolgimento fisico, e ciò include quindi armi bianche, armi da fuoco, o comunque qualsiasi oggetto che possa essere utilizzato come arma.
Le motivazioni psicologiche dei serial killer possono essere estremamente diverse, ma in buona parte dei casi sono legate a pulsioni verso l'esercizio del potere o a pulsioni sessuali, soprattutto con connotazioni sadiche. La psicologia del serial killer è spesso caratterizzata da una sensazione di inadeguatezza e da un basso livello di autostima, legati talvolta a traumi infantili (umiliazioni, abusi sessuali) o a una condizione socio-economica particolarmente deprimente.
Data la natura morbosa, psicopatica e sociopatica della condotta criminale del serial killer, nella maggior parte dei processi l'avvocato difensore invoca l'infermità mentale. Questa linea di difesa fallisce però quasi sistematicamente nei sistemi giudiziari come quello degli Stati Uniti, in cui l'infermità mentale è definita come l'incapacità di distinguere bene e male nel momento in cui l'atto criminale si è consumato. I crimini dei serial killer sono quasi sempre premeditati e il killer stesso trova non raramente la propria motivazione nella consapevolezza del loro significato morale.
L'espressione "serial killer" venne usata a partire dagli anni settanta del Novecento, decennio in cui giunsero sotto i riflettori della cronaca, negli Stati Uniti, i primi casi eclatanti: Ted Bundy e David Berkowitz. Il termine aveva principalmente lo scopo di distinguere il comportamento di chi uccide ripetutamente nel tempo con pause di raffreddamento, dagli omicidi plurimi che si rendono colpevoli di stragi. Tecnicamente si considera "serial killer" chi compie tre o più omicidi distribuiti in un arco relativamente lungo di tempo, intervallati da periodi di "raffreddamento" durante i quali il serial killer conduce una vita sostanzialmente normale.Gli assassini seriali sono per il 90% di sesso maschile.Le assassine seriali uccidono prevalentemente per ragioni personali o per vendetta, e preferiscono avvelenare o strangolare le loro vittime, mentre per i killer maschi l'omicidio comprende un grande coinvolgimento fisico, e ciò include quindi armi bianche, armi da fuoco, o comunque qualsiasi oggetto che possa essere utilizzato come arma.
Le motivazioni psicologiche dei serial killer possono essere estremamente diverse, ma in buona parte dei casi sono legate a pulsioni verso l'esercizio del potere o a pulsioni sessuali, soprattutto con connotazioni sadiche. La psicologia del serial killer è spesso caratterizzata da una sensazione di inadeguatezza e da un basso livello di autostima, legati talvolta a traumi infantili (umiliazioni, abusi sessuali) o a una condizione socio-economica particolarmente deprimente.
Data la natura morbosa, psicopatica e sociopatica della condotta criminale del serial killer, nella maggior parte dei processi l'avvocato difensore invoca l'infermità mentale. Questa linea di difesa fallisce però quasi sistematicamente nei sistemi giudiziari come quello degli Stati Uniti, in cui l'infermità mentale è definita come l'incapacità di distinguere bene e male nel momento in cui l'atto criminale si è consumato. I crimini dei serial killer sono quasi sempre premeditati e il killer stesso trova non raramente la propria motivazione nella consapevolezza del loro significato morale.
Annabella Muraca!!!!
Dunque, questo mi ricorda uno degli ultimi libri che ho letto: "Ritratto di un assassino" di Patricia Cornwell. E devo dire che c'è tutto quello che può essere l' "ego" dell'assassino. Si tratta proprio di un indagine: dopo anni è possibile rintracciare la vera identità del famigerato Jack The Ripper, conosciuto in italia come "Jack lo Squartatore", conosciuto dal mondo come il più famoso serial killer della storia. C'è tutto: la natura morbosa, psicopatica e sociopatica della condotta criminale del serial killer. Solo una cosa: l'avvocato difensore non esiste. Oserei dire che è l'assassino stesso. Scotland Yard lo ha cercato da sempre, anche dopo la sua morte. Il nome viene a galla solo adesso: Walter Richard Sickert, artista poliedrico dal passato cavilloso e pieno di insidie fin dalla sua infanzia. Problemi fisici,psichici che portano lo Squartatore a guadagnarsi la fama del conosciuto e dell'ignoto. Già, l'ignoto è tutto ciò che sta alla base dei serial killer. Ma Sickert le ha provate tutte per "stare al gioco" di Scotland Yard. Le lettere inviate al capo della polizia firmate "Fatty, your Jackie" non erano solo un monito, una minaccia... erano più che altro una sfida. La sfida della storia a scoprire la sua identità. E lui era bravo a nascondersi, oltre che a dipingere le sue vittime. Mary Ann Nichols, una delle prime prostitute uccise, venne ritratta poco tempo dopo dallo stesso Sickert, esattamente nel modo in cui era morta... con l'ombra sinistra di un assassino che segnava nell'aria una morte imminente... un solo problema: il quadro si chiamava con altri nomi, di tutto parlava, fuorchè di assassinio. Motivazioni psicologiche, quindi, che spingono un assassino come lo Squartatore a giocare al gatto e al topo e talvolta il topo si dimostra più furbo del gatto...
RispondiElimina