martedì 26 maggio 2009

[Chi insegna a Chi] didattica digitale


TROMPE L'OEIL DIGITALI
“Varie anche le chiavi dell'analisi, prima che
la cosmesi fabulatoria le agghindi”
Franco Cordero





Se la bimba inizia a digitare prima di imparare a scrivere e pigia sulla tastiera per giocare con il sillabario sul pc di casa si realizza l'incontro precoce con l'alfabeto in modi alfanumerici, per così dire. Nella didattica dell'Imprimerie à l'Ecole di Celestin Freinet è già svelato ampiamente il processo - la tipografia è la tecnica più conosciuta tra le tante della scuola attiva (in tivvù in questi giorni quella di Maria Montessori) che concorrono parallele all'esercizio scolastico della calligrafia per tutto il secolo scorso - per cui il maestro francese conduceva con i caratteri mobili al gioco di incastri della composizione del testo a stampa, alla combinatoria, disperando di rompere altrimenti il soliloquio intimistico dell'esprimersi che mal s'adattava all'istruzione popolare.
L'uso della tastiera e del computer in rete oggi potrebbe distogliere i giovani apprendisti dal ripiegamento sulla scrittura, in modo da privilegiarne i contesti, cioè i mezzi, che esigono confronto e negoziazione, calcolo formale.
Ma siamo già oltre e incombe l'ennesimo equivoco dello spontaneistico con l'avvento delle interfacce evolute intuitive pronte a sostituire insieme al mouse anche la tastiera e la cultura alfabetica che sottende, quando invece la regressione tribale dovuta ai consumers electronics è altro dalla cultura e dall'economia digitale che si evolvono proprio nel solco della rivoluzione gutemberghiana - la nuova oralità dei media essendo soltanto un delitto d'impeto per dirla con Mcluhan.
Con Surface, che Microsoft presenta in questi giorni, si simula con i gesti usuali sul tavolo luminoso dello schermo la consultazione di documenti, carte ed altri oggetti naturalmente interattivi e in rete, collegati cioè in solido ad un mondo già tutto digitale e letteralmente raggiungibile stando seduti. Non è nuovo che i software possano interpretare le protesi più disparate, che la loro diffusione accresca lo spazio vitale, ma non è spiegato perchè questo costituirebbe di per sè un momento ulteriore e successivo rispetto al già noto delle culture tecnologiche precedenti.

La società aperta di Popper nella quale viviamo è tensione per l'uscita definitiva dalla dimensione magica, disagio che è causa ed effetto della civiltà. McLuhan non a caso lo pone alla base della sua riflessione sul Villaggio globale che dall'era Gutemberg si protende senza soluzioni di continuità sul digitale. Non c'è opposizione tra libro e programmazione computazionale, ambedue figlie del pensiero e della tecnologia alfabetica, eppure discutiamo ancora di robotica come salto di scala. Questo è il segno nascosto dell'arretratezza del dibattito sulla cultura dell'innovazione. Uno spot televisivo di pubblicità/progresso (sic) inveisce contro gli hackers, cioè gli unici filologi del presente delle nuove generazioni, in nome di una impraticabile proprietà intellettuale, quando invece la continua rielaborazione personale della condivisione è il segno più forte dei tempi e coinvolge tutti. Il 70% del traffico in rete è scambio alla pari tra individui e questo la dice lunga sulle centralità del sistema.
Microsoft Apple e soci perseverano nel nascondere le tecnologie, sottraendole e riconsegnandole castrate all'utente finale, ma è un atteggiamento residuale anche se non mancherà di produrre guasti ancora per qualche tempo. La pedagogia dei media, la narrazione incessante, il conformismo di massa sono al capolinea, avremmo detto un tempo. Ora possiamo dire che sono presi nella rete che si propaga e Google che lo ha compreso si lascia portare dall'onda. E la tastiera? Chi vuole eliminarla dal processo non sa quel che dice, anzi quel che digita.

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