10 giugno
Aula Magna, ore 9,00-13,00
L’io e la coscienza
Douglas R. Hofstadter (Indiana University)
Introduce: Pietro Perconti
Interventi programmati
Auditorium e Sala conferenze, ore 15,00 - 17,00
Sessioni parallele dottorandi
Douglas R. Hofstadter: opere
- 1945 Nasce.
- 1979 Godel, Escher, Bach: an Eternal Golden Braid, Basic, New York, [rif.]
- 1981 The Mind's I
- 1985 Metamagical Themes, Basic Books
- 1987 Ambigrammi, HopefulMonster, Firenze, [rif.]
- 1996 Concetti fluidi e analogie creative, Adelphi, [rif.]
- 1997 Le Ton beau de Marot, Basic Books, New York, [rif.]
Dennett ha una concezione particolare del riduzionismo. In un periodo in cui quest’ultimo si trascina dietro una fama tanto cattiva, egli intende rivalutarlo anzitutto distinguendolo da quello che è veramente un riduzionismo cattivo, il “riduzionismo avido”, il quale tenterebbe di spiegare tutto sottovalutando la complessità a favore del “fondamento” (la base prescelta alla quale ridurre la realtà). Ciò sarebbe un’assurdità, secondo Dennett, perché « è ovvio che non si possono spiegare tutti gli schemi interessanti al livello della fisica (o della chimica, o a qualsiasi altro livello basso) » (1995, p. 129). Egli rivendica invece l’utilità di un riduzionismo “buono” e “flessibile”, assumendo posizioni non distanti da quelle di Douglas Hofstadter che, in un giocoso “Preludio e… mirmecofuga” (Hofstadter 1979, pp. 299-308, 337-364; con “Riflessioni” dell’autore anche in Hofstadter e Dennett 1981, pp. 151-198), intende mostrare che riduzionismo e olismo sono, in fondo, due facce della stessa medaglia, ovvero due modi, due direzioni opposte e convergenti per spiegare la realtà (Hofstadter giunge a parlare di “riduziolismo”…). Il riduzionismo accettato da Dennett è semplicemente « l’impegno nei confronti di una scienza che non faccia petizioni di principio e che non si renda responsabile di alcun genere di miracolo accettando misteri o miracoli sin dal principio » (1995, p. 102): in tal modo la complessità non è negata ma soltanto analizzata e demistificata, grazie ad una condotta che filosoficamente ha un precedente nel celebre principio del “rasoio di Occam”.
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