sabato 8 agosto 2009

La tastiera

Leggo su una rivista le meraviglie dei videogiochi con i loro super controller, consentono un'interattività ed un realismo d'esperienza "totale", capito?
I citrulli son serviti e contenti.

Affondare il rapporto con la macchina, dissimularlo, saltarlo. Godiamoci allora questo momento in cui il pc è ben presente, ci fa spesso lo sgambetto, gli dobbiamo scrivere con la tastiera, muovergli le cose con il mouse.. - meraviglie della tecnologia delle parole!


il mare è ovunque (videorlab, 2001)

donna con testa classica (facebook, 2009)
Spieghiamo bene, pieghiamoci alla necessità, dispieghiamoci, ordunque.
Il software è fatto di parole, concetti , vabbè, ma è pur sempre sostanzialmente algoritmo; la riproposizione di sequenze logiche che eseguono automaticamente i tuoi comandi; il fatto è che, però, la concettualizzazione segue sempre da vicino l'enumerazione, il sequenziamento, etc. - ci sono sempre metafore che sorreggono le dimostrazioni, oltre che metonimìe che inventano gli assunti iniziali.
Mi segui? "Un discorso continuamente metaforico mi sfibra..."
L'oscurità incombe, ri-s-pieghiamoci. Se non ci fossero consonanti con vocali, parole scritte così sil-la-ban-do, logistica del pensiero che prende posizione ed è visibile a tal punto da restare impresso, non ci sarebbe scienza possibile, non ci sarebbe tecnologia, ecco la natura verbale delle macchine numeriche e dell'elettronica digitale che fonda solidamente i discorsi.
Chiunque scriva del software tiene un discorso. Anche chi definisce soltanto i sistemi operativi. Un discorso oggi non è soltanto quello che letteralmente si viene a tenere in un dato contesto, da una persona, a più persone, ma si articola in tempi e spazi diversi senza soluzioni di continuità.

http://www.comunicazione.uniroma1.it/materiali/17.27.41_ong4.pdf
Finnegan’s Wake è stato scritto per essere stampato: con la sua ortografia e con i suoi usi idiosincratici, sarebbe praticamente impossibile riprodurlo a mano con accuratezza, in più copie. Non c’è mimesi, qui, in senso aristotelico, se non ironicamente. In realtà la scrittura è il vivaio dell’ironia, e più a lungo dura la tradizione della scrittura (e della stampa), più cresce l’ironia (57).


L'ironia sarebbe sinonimo di distanza, capacità e possibilità di distaccarsi dall'oggetto. Ed il codice? Chi scrive software ha una autorialità rintracciabile fino a divenire una marca ? Può concepirsi un software empatico?

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